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Bonus 110%, a rischio lo sconto fiscale per gli interventi nei centri storici

Bonus 110%, a rischio lo sconto fiscale per gli interventi nei centri storici

Centri storici a rischio riqualificazione

Il punto d partenza è questo: troppo complicate e spesso inutilmente prescrittive normative rischiano di ingabbiare le detrazioni fiscali per la riduzione del rischio sismico e del bonus 110%.

I centri storici sono le aree urbane maggiormente interessate dal sismabonus. Gli interventi di messa in sicurezza statica degli edifici sono, nel Paese dei mille comuni, particolarmente importanti e urgenti. Secondo la classificazione del rischio sismico nazionale, circa il 40% del territorio italiano e il 35% dei comuni rientra nelle zone corrispondenti a un rischio alto o medio alto. In termini abitativi, ad essere interessate dal problema sono 22 milioni di persone, 9 milioni di famiglie e 6 milioni di edifici di cui oltre 1 milione ad uso produttivo.
Numeri e dati che dovrebbero fare correre ai ripari e, soprattutto, all’utilizzo massiccio dell’incentivo fiscale messo a punto dal governo per porre subito in sicurezza tutti gli immobili a rischio. Eppure l’attuazione dell’intervento che dà diritto al sismabonus non è semplice, soprattutto nei centri storici, perchè, per essere realmente efficace deve mettere d’accordo tutti i proprietari di un intero complesso di case.

L’Agenzia delle Entrate, infatti, spiega: «L’art. 16-bis del TUIR che resta il riferimento normativo di base di tutto il sistema di agevolazioni legate alla riduzione del rischio sismico, prevede, per ciò che concerne gli interventi per la messa in sicurezza statica, che essi devono essere realizzati sulle parti strutturali “degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari”,

In buona sostanza, la norma vuole fare riferimento a quegli “aggregati edilizi” (insieme di edifici) posti nei centri storici che devono essere recuperati e consolidati strutturalmente solo attraverso progetti/interventi unitari e contestuali, in quanto trattasi di un insieme di unità immobiliari che possono interagire sotto un’azione sismica o dinamica in genere.

Per effettuare i suddetti interventi, si deve necessariamente procedere per aggregati di case, poiché la particolare conformazione urbanistica della città o dei borghi renderebbe meno efficace o addirittura inutile il consolidamento di un singolo edificio senza intervenire contestualmente su quelli costruiti sotto o sopra di esso».

Il sismabonus, infatti, è stato ampliato per tutto l’arco di tempo in cui resterà attivo anche il superbonus e portato ad una detrazione pari all’85% delle spese sostenute tra il 10 gennaio 2017 e il 31 dicembre 2021, ripartita in 5 quote annuali di pari importo. Inoltre, la norma ha esteso i benefici dell’incentivo agli immobili ubicati in zona sismica 3, pari al rischio medio basso e ha incluso fra gli edifici a cui riferire l’agevolazione gli immobili residenziali diversi dall’abitazione principale.

Le detrazioni possono essere usufruite anche dai soggetti passivi Ires e, dal 2018, dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti che hanno le stesse finalità sociali, nonché dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa ed è stata estesa, anche al sismabonus la possibilità optare per lo sconto in fattura o la cessione del credito.

La detrazione, in questo caso, va calcolata su un ammontare complessivo di 96 mila euro per unità immobiliare per ciascun anno e riguarda il singolo immobile e le sue pertinenze unitariamente considerate, anche se accatastate separatamente. Tra le spese detraibili, inoltre, rientrano anche quelle effettuate per la classificazione e la verifica sismica degli immobili. In caso di intervento che migliora la tenuta strutturale dell’edificio, il progettista deve asseverare la classe di rischio dell’edificio prima dei lavori e quella conseguibile dopo l’esecuzione dell’intervento progettato. Il direttore dei lavori e il collaudatore statico, se nominato per legge, dopo l’ultimazione dei lavori e del collaudo, devono attestare la conformità degli interventi eseguiti al progetto depositato